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50 giorni di passione. Tanta è durata la “sofferenza” di un cliente colpito da un aggiornamento del terribile Panda, il temutissimo algoritmo di Google incaricato di filtrare (e quindi penalizzare) i contenuti di scarsa qualità, soprattutto se creati allo scopo di attrarre un maggior numero di visite e incassare di più con Adsense. 50 giorni che si sono rivelati sufficienti ad analizzare il problema e risolverlo brillantemente.
Come è stato possibile risolvere e uscire dalla penalizzazione di Google Panda?
Ora vi racconterò come, da bravo consulente SEO, ho “abbattuto” il Panda ;).
In questo Articolo:
Tutto ha inizio il 5 Settembre 2014.
Il cliente, gestore di un sito web di medie dimensioni (circa 5.000 pagine indicizzate e 5.000 visite giornaliere da organico) di cui stavo seguendo soltanto il SEO offsite (ad altri era delegata la parte Onsite e contenutistica), mi contatta allarmato segnalandomi un drastico crollo del traffico.
Analizzo immediatamente i dati di Google Analytics e riscontro un vero e proprio salto nel buio, un calo del traffico organico di circa il 60%. Un perdita che riguarda l’intero sito e non soltanto sue specifiche parti, elemento che mi ha fatto subito pensare subito ad una penalizzazione da parte di Google, imputabile a problematiche squisitamente on-site.
Approfondisco ulteriormente i dati, mi documento online, chiedo anche pareri a colleghi illustri come l’esperto di penalizzazioni SEO Glenn Gabe e gli amici del gruppo Facebook Fatti di SEO (mia suprema fonte di confronto e ispirazione), e improvvisamente tutto diventa chiaro: il sito è stato colpito dall’update n° 27 dell’algoritmo Google Panda (Panda 4.1), ipotesi successivamente confermata da fonti ufficiali Google, nella persona di Pierre Far, nella giornata del 25 settembre (questo il post).
Il rollout, non a caso, è partito il 5-6 settembre, stessa data in cui il sito web è caduto sotto la mannaia del Panda, dopo un tipico segnale di “scossone” pre-penalizzazione (altro elemento individuato da Gabe nei suoi case study).
Come mi ha fatto notare il collega Fabio Granata, la pericolosa vicinanza della tematica del sito (body building) a queries ad alto tasso di spam negli USA, ha fatto sì che anche un sito italiano – solitamente gli update in Italia giungono in ritardo o comunque non hanno lo stesso impatto riscontrato Oltreoceano – sia ricaduto impietosamente e con una tempistica così precisa nel refresh di Panda, così come accadrà poi con la sua recovery.
Individuata la causa, mi son messo subito al lavoro per curare il paziente affetto da Pandite acuta.
Di seguito la check list della mia analisi SEO inviata direttamente al cliente:
Un’immagine vale più di mille parole…
Il 25 ottobre la lieta novella: il traffico organico balza in su del 60%, tornando esattamente ai valori pre-penalizzazione. Fonti autorevoli (www.hmtweb.com/marketing-blog/penguin-3-analysis-findings/) confermano un nuovo update degli algoritmi di Google, presumibilmente non Panda, bensì Penguin. Dunque, si può cantare vittoria. Nei casi di penalizzazione algoritmici, infatti, è necessario attendere un refresh dell’algo per l’eventuale uscita e recovery.
Non è l’algoritmo giusto, direte voi, però come altri illustri colleghi, tra cui Luca Bove e Fabio Granata, hanno spesso sottolineato, spesso si verificano casi di recovery da un algoritmo anche nel caso si verifichi il refresh di un altro; questo perchè probabilmente – ed è ancora tutto da dimostrare – esiste un nesso logico tra i vari animali dello zoo di Google.
Il dado è tratto, il Panda al tappeto.
Per completezza di informazione, inserisco anche lo screenshot fornito da Panguin Tool, strumento che analizza il traffico di un sito web in basi agli aggiornamenti degli algoritmi di Google.
Questo case study dimostra che:
Consulente di Web Marketing e Ecommerce, Esperto Facebook Ads e Google Ads con un passato da Giornalista Pubblicista. Public speaker e docente presso Università e Master. Autore del libro “Facebook Ads in pratica”.