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28 ottobre 2021: questa data rimarrà – nel bene o nel male – nella storia di Facebook e tutto il mondo digital. A distanza di 17 anni la società di Menlo Park, nonché Re dei social media, cambia nome.
Facebook diventa Meta abbracciando la sua nuova dimensione: da ecosistema di app e servizi di social e messaggistica, a Metaverso.
Un termine futuristico ripreso dal romanzo Snow Crash (1992) di Neal Stephenson, dove mondo fisico, realtà aumentata e virtuale convergono in un unico spazio (il Metaverso).
Un’evoluzione/rivoluzione su cui la società di Mark Zuckerberg ha investito 10 miliardi di dollari nel 2021, creando 10.000 posti di lavoro in Europa.
Revival trash di Second Life o colpo geniale e visionario? E soprattutto cosa si cela veramente dietro al rebranding e alla nuova dimensione del Metaverso?
Vediamolo insieme nel mio approfondimento.
In questo Articolo:
Innanzitutto un chiarimento. Metà è “soltanto” il nuovo nome societario, un grande raccoglitore al cui interno i vari servizi e app (Facebook, Instagram, WhatsApp, Messenger, Oculus, ecc…) non cambiano identità.
Perché nasce il Metaverso?
Secondo Mark Zuckerberg, gli schermi degli smartphone ci vanno ormai stretti ed è tempo di fruire le esperienze in modo più immersivo e “realistico”. Una sorta di mobile 2.0, una nuova era dove social e web acquisiscono fisicità.
Nel Metaverso potremo organizzare meeting dove, al posto di una semplice webcam, un nostro avatar/ologramma personalizzabile – frontiera ripresa dal gaming – incontrerà in uno spazio virtuale colleghi e clienti. Oppure partecipare ad un concerto lontano migliaia di chilometri senza essere lì fisicamente.
Se tutto questo ti sembra futuristico, sappi che i ragazzini sono già molto più avvezzi a queste esperienze nel mondo gaming.
Esperienze che dovremmo poter vivere attraverso i prodotti di Meta – ovvio, no? – come Oculus e Ray-Ban Stories.
E lato business? Cosa cambia nel Metaverso?
Abbiamo già avuto un assaggio delle potenzialità della realtà aumentata nel mondo del make up, accessori e arredamento. Pensa alla vendita di prodotti fisici che l’utente può vedere, toccare virtualmente e collocare nella propria abitazione prima dell’acquisto.
Nel suo lungo keynote, Mark ha già parlato di vendita di prodotti 3D da parte dei creator, altra pietra miliare del futuro di Meta.
Oltre a questa grande scommessa sul futuro, quali sono le reali ragioni dietro al rebranding e al metaverso?
Il Re si è scoperto nudo. Le revenue del Q3 (3° quadrimestre), seppur notevoli come sempre, sono state inferiori al previsto a causa delle restrizioni imposte da Apple e il suo ATT, che si vanno ad assommare alle regolamentazioni governative sempre più stringenti in tema di privacy.
Ostacoli che minano il business model di Menlo Park, l’advertising.
Una “dipendenza” da decisioni altrui che – giustamente – a Facebook/Meta non piace e da cui vuole svincolarsi per sempre.
I nuovi leaks e scandali emersi nelle ultime settimane, i numerosi tentativi del Congresso USA di smembrare la società, le critiche su disinformazione, hate speech e fake news: Mark aveva più di una ragione per “distrarre” l’attenzione di pubblico e media, dando nuova linfa e appeal a Facebook/Meta.
E nel frattempo, pur ammettendo le difficoltà nell’affrontare queste problematiche, Zuckerberg annuncia un investimento di 5 miliardi sul fronte sicurezza e revisione dei contenuti.
Ecco un’altra importante ragione della svolta. Facebook è consapevole di aver perso fette di mercato nella fascia 18-29 a favore di competitor come TikTok, Twitch, Snapchat o YouTube. Instagram da solo non basta, mentre i Reels – seppur largamente utilizzati – non sono riusciti a soffiare utenti a TikTok come fecero le Stories con Snap.
Una delle sue sfide principali è “recuperare” utenti in quel segmento e diverse sfaccettature del Metaverso – come il gaming – sembrano cucite apposta su questo target.
Google ha Android, Apple ha iOS e App Store, Amazon… è Amazon.
E’ una storia vista e ripetuta più volte. Con il Metaverso, Mark vuole costruire il suo “walled garden” e averne il pieno controllo senza dipendere da altri. Ogni big vuole mantenere l’utente sulle sue piattaforme, attingere più dati possibili e monetizzare.
Lo Shop nativo e lo sviluppo del social commerce vanno sempre in questa direzione. La perdita di dati causata da Apple, GDPR & co. hanno spinto Facebook a regalare traffico sugli shop – e ora persino la spedizione gratuita! – agli inserzionisti. E’ sempre e soltanto una questione di dati e controllo degli stessi.
Meta continuerà ad investire su questo fronte, mentre gli adeguamenti di tracking e misurazione su sistemi di terze parti dureranno anni (e non mesi), secondo quanto dichiarato durante Connect.
I creator sono l’altro grande fronte d’investimento a cui Menlo Park sta destinando enormi risorse. L’obiettivo? Rendere più appetibili i contenuti delle piattaforme, mantenendo incollata ai propri schermi l’enorme userbase attuale (3,6 miliardi di utenti).
Creator – sia creativi in senso stretto che developer – che, nei piani di Mark, dovrebbero essere allettati dalle opportunità di monetizzazione del nuovo metaverso che andrebbe così a creare delle vere e proprie nuove professioni.
Zuckerberg dimostra… di aver studiato. Per competere e primeggiare, non basta più soltanto creare servizi o pensare all’utente. Creare un nuovo mercato, il proprio oceano blu, e diventarne il leader indiscusso potrebbe essere la miglior medicina alla “crisi” sul fronte social e brand.
Se il metaverso si affermerà, saranno gli altri a volerci entrare – Nike ha già registrato il suo marchio per la vendita di prodotti virtuali – , un pò come avviene nell’App Store, unica porta d’entrata per i brand nel magico mondo di Apple.
Solo il futuro potrà dircelo. Meta ha già stanziato un investimento di 10$ miliardi. Una grossa scommessa che, a dir il vero, è iniziata già anni fa con AR/VR e Oculus.
Molte applicazioni appaiono futuristiche o potenzialmente pericolose – pensa ad un mondo dove le relazioni fisiche vengono sostituite da quelle virtuali, eventualità che spero nessuno si auguri -, ma realtà aumentata e virtuale offrono prospettive interessanti su diversi fronti.
Come sempre e come la storia insegna, sarà il pubblico a decretarne il successo o fallimento.
Consulente di Web Marketing e Ecommerce, Esperto Facebook Ads e Google Ads con un passato da Giornalista Pubblicista. Public speaker e docente presso Università e Master. Autore del libro “Facebook Ads in pratica”.